Ecco una situazione che potresti aver visto in un parco giochi: un bambino di 5 anni sta piangendo, sua madre lo sta trascinando per mano, afferrandolo per il colletto e urlando, urlando, urlando…
Sappiamo tutti che non ce la si dovrebbe prendere con i bambini. Noi adulti non dovremmo affrontare le nostre emozioni a spese di qualcun altro, questo è fuori da ogni dubbio. Ma cosa succede se non ci si riesce? E se ti riprometti, più e più volte, di essere più paziente e ti ritrovi di nuovo a urlare con la faccia stravolta al tuo adorato, ma a volte infinitamente fastidioso, bambino? E poi provi vergogna, senso di colpa e prometti solennemente a te stesso che non accadrà più…
Rompiamo insieme questo circolo vizioso. Che cosa puoi fare se ti riconosci nella descrizione sopra?
1. Riconosci che stai scaricando la tua frustrazione su tuo figlio.
In questa situazione, come con gli alcolisti, non ci si può aspettare nessun miglioramento, finché il problema non viene riconosciuto e denominato. Ammettere il problema, però, non significa che dovresti iniziare a incolpare te stesso: è una fatica totalmente inutile. Piuttosto, riconoscilo come un fatto, come un fenomeno che avviene e che dovresti fare di tutto per eliminare.
2. Trova la causa della tua reazione acuta. Che cosa potrebbe essere?
○ Il comportamento del bambino tocca uno dei tuoi “punti dolenti”.
Questo può provocare diverse emozioni complesse: risentimento, paura, ansia o rabbia.
Se i tuoi genitori ti hanno punito (o rifiutato) per qualcosa durante l’infanzia, ora ti succede di rivivere la situazione, ma con altri partecipanti. Risveglia quel piccolissimo bambino interiore che vive dentro di te.
Sei stato costretto a “tacere” e sei stato punito perché eri troppo sfrenato: potresti arrabbiarti quando tuo figlio si diverte e corre dappertutto.
Non ti è stato permesso di mostrare emozioni come paura e ansia: potresti arrabbiarti quando tuo figlio ha paura o piange.
Sei stato costretto a essere sottomesso e “obbedire alle regole della casa”: la disobbedienza ti dà immediatamente sui nervi.
Ora è impossibile reagire coi tuoi genitori e la reazione di rabbia si dirige su chi è disponibile al momento, su tuo figlio.
○ Sei arrabbiato per qualcosa di completamente diverso.
Forse ci sono molti problemi irrisolti nella tua vita in questo momento. Oppure stai vivendo un forte conflitto che altera il tuo equilibrio. O forse sei solo fisicamente stanco e ti senti privo di energia. Tutto ciò ti rende meno paziente e potrebbe portarti a prendertela con le persone che ti sono vicine.
○ Il bambino non è all’altezza delle tue aspettative.
Questo è quasi un argomento tabù. Dopo tutto, è molto difficile ammettere che tuo figlio non è quello che vorresti che fosse. Ma è anche molto importante rendersene conto, affrontarlo e accettarlo.
Forse il bambino ha dei bisogni speciali che devi imparare ad affrontare e questo non è per niente facile (autismo, iperattività, balbuzie, ecc.)
Oppure, sognavi che diventasse un atleta, ma il bambino è spesso malato e non mostra alcun interesse per lo sport.
Oppure è lento, sensibile e ama esaminare ogni insetto sulla strada verso l’asilo. Tu, invece, sei un collerico accelerato e per te questa lentezza è soltanto un tormento.
○ Neghi la tua responsabilità per ciò che fa il bambino.
Ti sei ricordato tardi che dovevi portare tuo figlio dal pediatra. E ora arriverai in ritardo, perché il bambino non ha avuto il tempo di prepararsi e si è messo a piangere.
Hai dato a tuo figlio un tablet costoso con cui giocare, in modo da poter chiacchierare in santa pace con un amico. Il bambino l’ha rotto, perché non è un oggetto progettato per la sua età.
Forse percepisci vagamente di avere una tua parte di responsabilità in quello che è successo, ma la riversi sul bambino, in modo da…non sentirti in colpa.
La self-therapy può essere uno strumento essenziale per la tua crescita personale ed emotiva.
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Non sei sicuro da dove iniziare?
○ In tuo figlio, rivedi te stesso e i tuoi tratti negativi. O i difetti del tuo partner attuale o precedente.
“Sei uguale a quel degenerato di tuo padre! Anche lui si metteva sempre nei guai!”. Potresti aver raccolto molte rimostranze e lamentele nei confronti del padre del bambino. E il bambino te lo ricorda. Da qui la reazione di aggressione.
Oppure, sei timido quando parli con le persone, o sciatto, distratto o goffo, e puoi notare le stesse caratteristiche in tuo figlio. È un meccanismo di difesa psicologica, una proiezione. Dopotutto, non vuoi arrabbiarti con te stesso…
○ Stai agendo secondo uno scenario che hai visto da bambino.
Ti rendi conto, con orrore, che stai riproducendo il modello di comportamento dei tuoi genitori: ti arrabbi e urli allo stesso modo, usi le stesse parole e frasi sprezzanti, afferri la spalla di tuo figlio come faceva tuo padre…
Solitamente, non è una cosa facile da affrontare da soli: è più prudente e rapido farlo con uno psicologo. Puoi risolvere con successo qualsiasi scenario!
È molto importante trovare la vera ragione delle tue reazioni forti e dei tuoi “scoppi d’ira”. Questo ti permetterà di trovare la chiave delle tue emozioni.
3. Separa le tue emozioni da quelle del bambino.
Tu sei una cosa, il bambino è un’altra. Non siete un’unica persona. Che cosa prova il bambino in questo momento? Forse paura, senso di colpa o ansia. E tu? Rabbia, collera. Parla a tuo figlio dei tuoi sentimenti. Già questo, di per sé, riduce l’intensità delle tue emozioni.
“Quando fai questo, mi arrabbio molto”, “Ora provo risentimento e confusione”.
4. Ritorna nel ruolo dell’adulto.
Lui/lei è un bambino e tu sei un adulto. Il bambino non può essere responsabile del tuo stato emotivo. Non puoi arrabbiarti, urlare e perdere la calma “a causa sua”. È a causa di qualcosa in te, non nel bambino. È importante assumersi la responsabilità di ciò che sta accadendo. Dopo averlo fatto, vorrai smettere di urlare.
Frasi come questa possono aiutarti a calmarti: “Sono un’adulta. Sono una madre. Ho 34 anni e mi prendo cura di mio figlio. Il mio mondo emotivo è una mia responsabilità, non sua. Devo fare qualcosa per calmarmi. Posso farcela.”
5. Se sei arrabbiato, allontanati. Questa è una raccomandazione molto importante!
Se senti di non riuscire ad affrontare le tue emozioni e provi il desiderio di schiaffeggiare o afferrare tuo figlio, e la rabbia già ti acceca, vattene. Ovunque. In un’altra stanza, dall’altra parte della camera, esci per strada (se c’è qualcuno con cui lasciare il bambino). E lì, cerca di calmarti usando le tecniche di emergenza: respirazione, saltelli, bere acqua, ecc.
6. Se sai di aver sbagliato, chiedi scusa.
Non devi preoccuparti di perdere il rispetto di tuo figlio. Non funziona così. Le scuse sono un’ammissione di colpa e un grande esempio per il bambino. Chiedere scusa è una cosa buona.
Un’ultima cosa. Sappiamo che ami tuo figlio. Non ne dubitiamo. Ce lo dice anche il fatto che stai leggendo questo articolo e che stai cercando di cambiare il tuo comportamento.
Quando ti ritrovi a sfogare le tue emozioni su tuo figlio, puoi scegliere tre strade.
1. Lasciare tutto così com’è. “I miei genitori mi hanno trattato in questo modo e sono venuto fuori bene”.
2. Sperimentare sentimenti di colpa cronici e non cambiare nulla.
3. Iniziare a capire le ragioni e cambiare gradualmente i tuoi schemi abituali.
Come puoi intuire, la terza via è l’unica che apporta un contributo positivo al tuo rapporto con tuo figlio. Crediamo che sceglierai quest’approccio.
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