Mi mangio le unghie e mi scoppio i brufoli: perché lo faccio e cosa posso fare per smettere?

“Che brutta abitudine hai!”. Le persone che si mangiano le unghie o le pellicine, che si fanno scoppiare i brufoli, che si strappano i capelli o le croste dalle ferite sulla pelle sentono questa frase molto spesso. “Smettila!”.

È così che gestiamo una cattiva abitudine: devi smetterla, punto!

Tuttavia, l’onicofagia (mangiarsi le unghie), la dermatofagia (mordere, rosicchiare o masticare la pelle) e la tricotillomania (strapparsi i capelli) sono fenomeni simili. Sono tutti disturbi nevrotici che una persona non può fermare a proprio piacimento.

Si tratta di comportamenti ossessivo-compulsivi che agiscono come una valvola di sicurezza che allevia una forte ansia quando il soggetto non è in grado di affrontarla, utilizzando altri metodi.

Nicoletta ci racconta: “Non riesco a smettere! Voglio costantemente mangiarmi le unghie e scoppiarmi i brufoli. Come se questo mi facesse sentire più calma e allentasse la tensione e il nervosismo. Beh, non li elimina completamente, ma mi fa sentire meglio. Durante il periodo delle tasse (sono una contabile) questo problema diventa assolutamente ingestibile.”

Questi fenomeni possono avere ragioni diverse, ma, sostanzialmente, hanno una radice comune: il soggetto ha dentro qualcosa che crea una forte tensione nervosa. Di solito, questo problema è cronico. Lo stress cronico, unito a una certa predisposizione personale, provoca un desiderio inconscio di farsi del male, non importa quanto possa fare paura.

Alcune teorie psicologiche ipotizzano che il desiderio di mangiarsi le unghie o le pellicine e di stuzzicare le ferite sia un’espressione di autoaggressione (l’aggressività diretta verso di sé).

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Come funziona la cosa?

Un bambino o un adulto non sa come esprimere le proprie emozioni negative o non ne ha l’opportunità (molto spesso, le persone vedono la rabbia, l’irritazione e la tristezza come emozioni “negative”). Poiché non gli è permesso “provare” e, ancor più, esprimere queste emozioni, la psiche cambia inconsciamente direzione. In questo modo si genera l’autoaggressività. Quando il soggetto si fa del male in questo modo, si sente meglio e la sua tensione diminuisce, così questo modello di comportamento viene rafforzato.

Molti di questi modelli derivano dall’infanzia. I comportamenti autolesionistici possono essere una manifestazione di stati e sentimenti diversi. Molto spesso riflettono:

– Senso di colpa (“Sono cattivo, dovrei essere punito”)

– Ansia e paure (“Non ho fiducia in me stesso”)

– Bassa autostima (“Sono inutile”)

La ragione di fondo sta in:

– Alcuni stili educativi. Ad esempio, i genitori impongono richieste elevate o pretendono risultati dal bambino (trofei, vittorie, buoni voti) ad ogni costo.

– Traumi psicologici. Ad esempio, quando durante il divorzio i genitori usano il bambino per ricattarsi a vicenda o quando c’è violenza emotiva o fisica.

– Desiderio ossessivo di guadagnare amore e approvazione dagli altri.

Come puoi affrontare la cosa? E, in linea generale, ci sono dei modi per riuscirci?

La prima cosa che le persone cercano di fare è attivare il controllo: chiedono agli amici e ai familiari di ricordarglielo, mettono qualcosa di amaro sulle unghie o sulle dita per imparare a non metterle in bocca, cercano di tenere le mani occupate. Questo, però, non è molto efficace, perché il loro comportamento è un sintomo e la causa principale è lo stato di ansia. Pertanto, un trattamento efficace dovrebbe iniziare da lì.

Se hai questo problema, allora dovresti rivolgerti ad uno psichiatra o ad uno psicologo. Uno psichiatra può prescrivere un trattamento farmacologico per eliminare i primi sintomi acuti. Poi, insieme a uno psicologo, puoi imparare ad affrontare la tua ansia utilizzando altri metodi non traumatici e trovando nuovi modi costruttivi per affrontare lo stress.


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