Quante volte ci capita di pensare: “E se avessi fatto…”, “E se avessi detto…”
Queste parole, che ci vengono in mente almeno una volta nell’arco della nostra vita, ci introducono a quello che in psicologia si chiama “regret”, traducibile in italiano con la parola “rimpianto”.
Uno studio degli anni ’80, sulle espressioni verbali nelle conversazioni quotidiane, ha rivelato che il rimpianto era la seconda emozione più frequentemente nominata (superata solo dall’amore).
Il dizionario della lingua italiana definisce il rimpianto come <<Ricordo nostalgico e dolente di persone o cose perdute, o di occasioni mancate>>.
Partiamo dal presupposto che quotidianamente ci poniamo diversi quesiti dai più banali come “Cosa indossare? Cosa leggere?” a quelli più importanti che richiedono un’analisi maggiore come quale percorso di studi intraprendere. Ogni qual volta che ci troviamo a dover prendere una decisione, importante o meno, valutiamo i pro e i contro di quest’ultima al fine di massimizzare i risultati. Tuttavia, in futuro, potrebbe capitare di pentirsi della scelta e imbattersi nel rimpianto; può succedere anche di rimpiangere un qualcosa che non si è mai fatto, un’occasione che ci siamo fatti sfuggire.
Dietro ad ogni scelta si nasconde la possibilità di un successo o di un fallimento; solo un insuccesso può scaturire un rimpianto poiché questo è il confronto tra la realtà di come sono andate le cose e l’immaginazione di come sarebbero potute andare. Il regret è quindi quell’emozione di cui l’individuo fa esperienza quando realizza o immagina che la situazione attuale avrebbe potuto essere migliore se solo avesse preso una decisione diversa.
Una scelta sbagliata genera, nel momento immediatamente successivo alla scelta, più rimpianto rispetto a quello che si può provare per una cosa non fatta che non suscita una risposta emotiva “calda”. Con il passare del tempo questi pensieri si potrebbero invertire perché in futuro è più facile comprendere il motivo per cui si ha agito in quel modo, ma più difficile è capire perché non si ha agito affatto e questo potrebbe aumentare anche l’auto-recriminazione. Il rimpianto per non aver fatto qualcosa di cui si aveva la possibilità in un determinato momento è psicologicamente più “aperto” perché c’è sempre qualcosa in più che si sarebbe potuto fare. L’unico limite di questo fenomeno è la propria immaginazione, questo fa sì che si possano sempre aggiungere elementi alla lista delle cose buone che sarebbero successe se si fosse agito e parallelamente aumentare anche il rimpianto di non aver agito. Questo è il motivo per il quale a volte ci “tormentiamo” più di quanto richiesto dallo stato attuale delle cose e tendiamo a idealizzare molti aspetti del nostro passato lontano.
Bisogna chiarire che il rimpianto è un’emozione complessa, funzionale e adattativa, caratterizzato dal desiderio di ricercare modi per rimediare all’errore ed è funzionale in quanto permette di evitare di ripetere errori già commessi; sprona l’individuo a migliorare le proprie condizioni di vita, nel caso in cui questo fosse ancora possibile.
A volte, però, potrebbe succedere di soffermarsi troppo a lungo sui rimpianti riguardanti il passato e di eclissare il presente e di conseguenza i progetti futuri.
Arriviamo quindi a capire cosa possiamo fare per non farci sopraffare dal rimpianto:
- Rivalutare in positivo gli eventi: la nostra mente è adattiva ed è perfettamente in grado di farlo, basta solo volerlo e dargli gli input giusti.
- Trovare giustificazioni per le scelte fatte: cercare di comprendere il motivo per il quale in quel determinato contesto e momento abbiamo preso quella scelta. Ricordiamoci sempre che tendiamo a scegliere l’opzione migliore per noi quindi cerchiamo di tenere bene a mente il motivo di quella scelta.
- Applicare l’insegnamento che abbiamo ricavato nelle decisioni future: assicuriamoci di aver compreso l’errore commesso e una volta fatto cerchiamo di non ripeterlo.
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