È tutta colpa mia?

Le relazioni basate sull’abuso sono molto subdole. A volte la loro cattiveria e il loro orrore passano inosservati non solo agli amici, ai parenti e ai cari della vittima, ma anche alla vittima stessa.

Barbara e Vittorio sono sposati da quattro anni. Le persone intorno a loro considerano il loro matrimonio, e lo stesso Vittorio, quasi perfetti. Perfino i genitori di Barbara vedono quanto sia premuroso Vittorio nei confronti della loro figlia, quanto lavora e provvede alla famiglia. Ma a casa, Barbara fa del suo meglio per evitare di far arrabbiare il marito e sceglie attentamente le parole nelle loro conversazioni per non essere schiaffeggiata. Questo era già accaduto precedentemente, ma poi Vittorio ha spiegato che se lei non gli avesse risposto così sfacciatamente quando lui ha fatto quell’osservazione su una maglietta mal stirata, questo non sarebbe successo. Il mese scorso Vittorio ha strappato il suo vestito, ma lei pensa che sia stata colpa sua, perché lui l’aveva avvertita che i vestiti e le gonne dovrebbero arrivare sotto il ginocchio, in modo che nessuno la “fissi”. “Sai come sono gli uomini! Ci tengo a te, stupida”. Barbara lo sapeva, ma le piaceva così tanto quell’abito che lo aveva comprato comunque. Se non fosse stato per quello, non sarebbe successo nulla, e lei, come un’idiota, ha rovinato la loro serata. Barbara si sta già definendo un’idiota.

Barbara non ricorda com’era tre anni fa ( tre anni perché il primo anno di matrimonio è stato fantastico), più o meno come sempre. Ora si sente sempre stupida, inutile e inappropriata. Come altro si può sentire? Un errore dopo l’altro, come quando non ha avuto tempo di cucinare la cena entro le 5:30, sapendo che Vittorio sta tenendo d’occhio il suo peso e non mangia dopo le sei. Naturalmente, è colpa sua e lei lo sa. Chiunque, ovviamente, avrebbe lanciato una padella per questo, come ha fatto lui. È colpa sua? È colpa sua. Quando ha chiamato un collega di Vittorio, lei ha risposto al telefono e ha riso ad una sua battuta. Anche qui tutto si spiega. Un sorriso è un flirt e lei è una donna sposata, quindi Vittorio, come doveroso, l’ha presa per i capelli. È colpa sua? È colpa sua. Vittorio l’ha avvertita cento volte di evitare di provocarlo. Lui vuole essere gentile e affettuoso con lei, ma lei rovina sempre tutto.

Le vittime di abuso spesso giungono alla conclusione di essere stupide e/o egoiste perché il loro partner le accusa costantemente di ciò e usa quest’argomentazione per spiegare la situazione. Queste vittime sviluppano dipendenza emotiva, perdono lentamente fiducia in sé stesse, rinunciano alle proprie posizioni a favore dell’aggressore e sviluppano ansia e paura derivanti dalla convinzione che tutto ciò sia dovuto esclusivamente a loro.

  • Sono colpevole.
  • Me lo merito.
  • L’ho provocato.
  • È a causa mia.
  • Ho bisogno di lavorare su me stesso e tutto andrà bene.

Questo sono i pensieri che possono frullare nella testa della vittima. La logica della vittima è singolare e può confondere un’altra persona che è “al di fuori” di questo sistema di pensiero, al di fuori di questo cerchio.

È insopportabile guardare negli occhi una persona che, con lo sguardo annebbiato, vuole convincerti verbalmente che è stata colpa sua se è stata presa a calci, se ha il naso o le costole rotti, se le hanno tirato i capelli, se è stata umiliata o schiaffeggiata, e sentire che è successo perché aveva semplicemente provocato l’altro e “naturalmente l’altra persona non poteva più tollerare tutto ciò”.

Le persone che cercano di addentrarsi in questa logica sconcertante non capiscono, come si può pensare questo? Come si può veramente crederci? È sicuramente possibile, perché gli abusatori sono gli autori coscienti e incoscienti della manipolazione. Di mese in mese, di anno in anno, hanno costruito la loro trappola di accuse, “educato” l’altra persona alternando punizione e ricompensa (più si va avanti, più questa ricompensa diventa, in realtà, una pausa tra due punizioni). Ora la vittima è come una mosca in una ragnatela, una ragnatela in cui si trova per sua stessa volontà, anche se è un po’ difficile chiamarla “volontà” in questo caso, perché la vittima è completamente oppressa. La vittima cade negli schemi distruttivi della dipendenza e, più a lungo rimane nella relazione distruttiva, più diventa dipendente.

Le tattiche di abuso comportano un qualche tipo di lavaggio del cervello, in modo che la vittima creda che ciò che pensa e sente sia “sbagliato”. La vittima non si fida affatto dei propri sentimenti e spesso li reprime o si allontana da essi. Questo attiva un meccanismo di difesa psicologica.

Solitamente gli abusatori controllano il processo decisionale e la vittima è completamente estranea ad esso, o le viene data un’opportunità “simbolica” di avere voce su qualcosa (che è in realtà solo un giochetto), solo per svalutare la sua voce e fare sì che si senta una nullità.

Se a questo aggiungiamo la costante umiliazione, la richiesta di soddisfare standard completamente irrealistici (diventare un partner ideale in tutti i campi) e il ribadire carenze reali e immaginarie, diventa chiaro perché la vittima si convince della propria inadeguatezza come partner e come persona in generale. La vittima crede sinceramente di essere indegna di amore e di essere trattata bene ed è convinta di meritare una punizione.

Le vittime di abusi spesso scelgono consapevolmente una strategia di autoconservazione: cambiare i propri valori e principi al fine di evitare il rifiuto e la rabbia. Altrimenti, non riescono a sopportarli.

Il matrimonio di Salvo e Elisa è stato problematico. Hanno litigato molto. Elisa lo accusava costantemente di non essere un uomo, di non essere in grado di decidere nulla, di avere le mani di burro incapaci di fare alcunché, di portare pochi soldi in casa, di essere un pessimo amante, di stare con lui solo per pietà. Dove sarebbe lui senza di lei? Sarebbe disperso da qualche parte, ubriaco. Prima Salvo non beveva affatto, ma negli ultimi due anni ha iniziato a bere regolarmente, soprattutto dopo queste scenate. Sei anni fa, Elisa è rimasta incinta contro la volontà di Salvo. Lui non voleva avere un bambino perché temeva di non poter più andar via. Elisa prendeva delle pillole anticoncezionali prima di rimanere incinta, così aveva detto. È nata la bella Maria. Ora, quando Salvo è “disobbediente”, Elisa prende sua figlia e dice: “Guarda! Papà non ci ama. Vuole lasciarti e andarsene per sempre, il mascalzone! Rimarrai senza un padre!”. Maria piange disperata e Salvo annaspa nel senso di colpa e nella vergogna davanti a sua figlia. A volte, se Salvo, dal suo punto di vista, non porta a casa “abbastanza” soldi, lo minaccia di svegliare Maria in piena notte, di vestirla e di portarla da sua madre, urlando per tutto il tempo che vuole il divorzio e che lo lascerà “in mutande”, che è colpa sua se è lei infelice e se la piccola Maria soffre di enuresi e di balbuzie. È solo colpa sua! Salvo credeva davvero che fosse così. Durante una seduta con il suo psicologo, dal quale andava senza che sua moglie ne fosse a conoscenza, spiegò che era un padre e un marito indegno e gli chiese di spiegargli come evitare di provocare liti domestiche, in modo che Elisa non se ne andasse. Se dovesse andare via, non gli permetterebbe di vedere sua figlia, e questa è di gran lunga la cosa più importante per lui.

In una relazione violenta la vittima si sente sempre in colpa. Un senso di colpa che viene inculcato, instillato, incarnato come un’unghia che causa dolore.

È sempre presente vergogna, perché è impossibile dire agli altri cosa succede all’interno della famiglia, perché una cosa del genere potrebbe “accadere” solo alla vittima, a causa della sua imperfezione/stupidità, e così via.

La vittima ha l’idea costante che sia tutta colpa sua, insieme al pensiero di essere dannatamente incapace a gestire le cose. Il comportamento della vittima determina il comportamento delle altre persone. Pertanto, non sorprende che l’unica conclusione che per lei è possibile trarre da tutto ciò è che merita di essere trattata in questo modo. Se lo merita. Ma, naturalmente, proverà a fare le cose per bene, non può far altro che provarci. E ci proverà, anno dopo anno, ancora e ancora, e non ci saranno cambiamenti positivi.

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