Chi sono gli aggressori?

Accade spesso che gli aggressori siano stati essi stessi delle vittime e che durante la loro prima infanzia abbiano dovuto affrontare violenza familiare, coercizione, l’essere costretti a vivere costantemente nell’ansia, nella paura, sotto stretto controllo.

Il futuro tiranno era un bambino che temeva di perdere la relazione che per lui era importante, aveva paura di essere abbandonato, di essere lasciato solo o di non riuscire a costruire relazioni con altre persone, rimanendo solo.

Sono esperienze insopportabili per dei bambini. Non avevano la possibilità di interrompere tali relazioni dannose. In effetti, hanno dovuto imparare a sopravvivere, a diventare vittima (è tutto a causa mia, proverò a fare meglio e sarò in grado di cambiare la situazione) oppure aggressore (“loro” sono colpevoli e li punirò per questo).

Come puoi vedere, sia le vittime che gli aggressori possono crescere approssimativamente nelle stesse condizioni di vita emotivamente disfunzionali. Entrambi scelgono metodologie di sviluppo differenti, ma ugualmente disadattate.

I sentimenti di dolore, impotenza, rabbia, risentimento e solitudine nei futuri abusatori “hanno scisso” la loro personalità. Hanno sempre una difesa interna e una vigilanza attiva: “Mi lasceranno? Mi offenderanno? Faranno qualcosa di terribile nei miei confronti?”. E così preferiscono farlo da soli in modo preventiva: controllare, ferire, limitare e punire l’altro. Per precauzione… perché è più sicuro.

Nonostante tutto questo, nessuno dà ad un’ex-vittima il diritto di essere l’aggressore nelle successive relazioni. Un dolore vissuto non può diventare motivo di violenza. È un assioma che si vuole inserire nelle “impostazioni di fabbrica”, ​​dimodoché, dopo ogni “aggiornamento”, la comprensione della persona rimanga intatta.

Gli aggressori hanno spesso un’intelligenza emotiva estremamente bassa. Questa è una caratteristica pronunciata in molte persone prepotenti. Possono essere intelligenti, estremamente logici, ma non capiscono assolutamente le emozioni proprie e altrui. Per loro, le emozioni sono una sorta di aggiunta inarticolata alla vita razionale e sono abitualmente distaccati. Seguono la regola “Ciò che non capisco, non esiste”. Le emozioni del compagno/a diventano un peso e un’illusione inventata.

Sergio viene dal mondo delle persone rigorose e razionali. Nel suo mondo, non c’è posto per le emozioni “sciocche”. Può dire a sua moglie che è grassa come una mucca con quei jeans. Può reagire alle sue lacrime con la solita irritazione: “Il tuo rubinetto perde ancora?”. Sergio non ritiene che le proprie espressioni siano inappropriate. Non capisce perché non può dire quello che pensa. Quando suo figlio di dieci anni torna da scuola in lacrime e ammette di essere stato vittima di bullismo dai suoi compagni di classe, Sergio gli dice sdegnosamente che è un ragazzo piagnucoloso e che non è capace di tollerare nulla. Sergio è capace soltanto di assegnare compiti, stabilire priorità, castigare e punire. La consapevolezza di mostrare insensibilità e crudeltà emotiva ai suoi parenti non lo sfiora minimamente. Tutto sarebbe più efficiente “senza questi mocciosi”.

In effetti, molti aggressori possono agire in tal modo a seguito di una combinazione unica delle loro caratteristiche. Viene fuori che il modo in cui esercitano la loro tirannia dipende da chi sono.

Emergono alcuni tratti della personalità quando una persona cerca di mettersi al di sopra degli altri nella comunicazione. Si scopre che tutte le altre persone sono colpevoli dei suoi problemi e delle sue difficoltà. Allo stesso tempo, è convinto di saper fare tutto. È importante solo la sua opinione. Di conseguenza, nella coppia reprimerà il compagno/a perché per lei è normale.

Vito critica incessantemente sua moglie Giulia e cerca di cambiarla. “Non stirarmi i pantaloni in quel modo. Non vedi che le linee non sono perfette? Vuoi che a lavoro mi guardino tutti?”, “Oh, beh, sei stata nominata vice-capo del dipartimento, sappi che stanno solo cercando qualcuno che organizzi tutta la routine, e non il più intelligente e degno”, “Tutti i nostri problemi sono dovuti a te! Devo sopportare molte cose su di te, ma tu non ti curi affatto! La nostra relazione cadrà a pezzi perché non vuoi cambiare!”, “Te l’ho detto, devi essere più femminile…sei come un uomo con la gonna che cammina. E tieni i capelli sciolti! Ti ho detto centinaia di volte che sembri una vecchia nonna! Fai qualcosa per non farmi vergognare di te in pubblico!”. Vito ha spesso ricordato a sua moglie che dopo averlo sposato, aveva assunto determinati obblighi…a volte le mostrava che era quasi degna del suo amore, che aveva bisogno di impegnarsi un po’ di più per diventare degna del suo amore e della sua ammirazione. E se Giulia osava muovere timide obiezioni al suo bellissimo Vito, lui si infuriava subito: “Io ci sto  provando per te e tu non sei felice?!” E poi ha fatto volare il telefono di Giulia contro il muro, ha rotto un piatto (e deve dire grazie per non averla colpita in testa) e le ha gridato contro un sacco di insulti.

Non importa quanto Giulia provasse a “enfatizzare e migliorare” sé stessa, Vito raramente era soddisfatto. Non c’è da stupirsi, anche perché era impossibile trovare la giusta dose di femminilità: alternativamente c’erano accuse di “troppa disponibilità” e di “comportamento leggero”. Vito ha sempre chiarito che Giulia non era degna di lui. Una volta le ha detto di essere così gentile da concederle un’altra possibilità di cambiare.

Una persona del genere svaluterà all’infinito i meriti e i risultati altrui. Sotto tale pressione, l’autostima del compagno/a inevitabilmente si sgretolerà. Allo stesso tempo, il partner sarà responsabile dell’intera relazione e della felicità narcisistica dell’amato.

Se l’aggressore possiede una personalità caratterizzata da una sfera di emozioni povera e sottosviluppata, tra cui freddezza e distacco, la tirannia sarà di natura diversa. Non sentirai urla e grida, come nell’esempio precedente. Contestualmente, la tirannia tranquilla non è meno traumatica.

Emma era proprio così. Non ha mai imprecato urlando o qualcosa del genere, ma, per esprimere la sua insoddisfazione nei confronti di suo marito, ha sempre usato la sua categorica, improvvisa durezza offensiva, la sua freddezza agghiacciante, il suo cinismo e il rifiuto ostile di ogni contatto. Emma poteva rimanere in silenzio per giorni e settimane e rifiutarsi di fare sesso per mesi fino a quando suo marito non pensava di fare “come voleva lei”.

Anche una persona sensibile può essere un aggressore. In questo caso, vedrai un tiranno drammatizzante.

Quando Natalia disse a Ivano che le dispiaceva molto, ma che voleva lasciarlo…lui scoppiò a piangere all’improvviso, afferrandole le mani e implorandola di non andarsene, perché la amava. Le disse che non c’è nient’altro nella sua vita, a parte lei. Natalia, spaventata, cercò di calmarlo, ma non funzionò nulla. Ivano chiese rassicurazioni sul fatto che lei non se ne sarebbe andata. Natalia rimase, ma, durante ogni litigio, Ivano la accusava di “averlo portato a quel punto”. Diceva che era a causa sua. Era colpevole della sua depressione, delle sue malattie e di ogni altra cosa.

Quando l’aggressività è incorporata nel modello stesso delle relazioni, queste seguono un certo schema chiuso.

1. Tensione.

Inizia sempre con una tensione crescente. L’aggressore diventa irritabile, critico, come se stesse cercando una scusa per fare una scenata. A seconda del tipo di personalità, può ignorare il compagno/a, “pungerlo” con osservazioni dolorose, offendersi, accusarlo di qualcosa. In chi abusa, questa fase del progetto può essere sia conscia che inconscia, quando una persona riproduce un certo scenario appreso molto tempo fa.

2. L’incidente violento.

La tensione non può accumularsi per sempre e, prima o poi, c’è uno scoppio di aggressività. L’aggressore non riesce più a trattenerla e sfocia nell’aggressività. La modalità con cui lo fa precisamente dipende da molti fattori. C’è chi inizia la bagarre con l’umiliazione e la svalutazione del compagno/a e chi non si limita soltanto a questo e arriva alla violenza fisica: la vittima può essere trascinata per i capelli, schiaffeggiata, violentata, presa a calci e così via. Al contempo, è sempre implicito o dichiarato apertamente che la colpa di tutto è sempre della vittima. La vittima non riesce ad osservare le regole e provoca sempre delle misure severe da parte di una persona così buona. Tutto ciò è corredato da rabbia, accuse, minacce e intimidazioni.

3. Riconciliazione.

In questa fase, l’aggressore chiede perdono, spiega la ragione della crudeltà, che è spesso nascosta da qualche altra parte. Si scopre che è stato costretto ad agire in quel modo (ero stressato, ero preoccupato, avevo problemi sul lavoro e così via). Può scaricare la responsabilità o dire che non è successo nulla (non è andata così!). Può provare a convincerla di aver ingigantito tutto (volevo solo tenerti, ma sei caduta e hai battuto la testa). Questa scena si vede spesso nei film, quando lo stupratore, che il giorno prima picchiava la vittima, si presenta da lei con l’espressione colpevole e con un mazzo di fiori (un gioiello d’oro, una collana o un anello) e implora il perdono (“solo tu puoi capirmi”, “senza di te la mia vita non ha senso”, “ricominciamo tutto da capo”).

4. “Luna di miele”.

Quando la vittima perdona il tiranno, nella speranza che da quel momento tutto cambi, in questa fase la qualità del loro rapporto ritorna come alle origini. Può davvero sembrare che il rapporto fra loro sia migliorato e che ora andrà tutto bene. Dopo aver mostrato crudeltà e violenza, l’aggressore può trasformarsi in una persona premurosa, leale, affascinante e bella, come sembrava allora, all’inizio della relazione. Tutto questo è studiato per tenere la relazione “normale”, per impedire alla vittima di andarsene e per mantenere un’apparenza di benessere.

Tuttavia, il ciclo si ripete. Ancora e ancora. Nel tempo, le fasi si accorciano e le esplosioni violente diventano più frequenti e intense.

Perché ne stiamo parlando?

Nessun trauma infantile, abuso dei genitori durante l’infanzia, abuso di alcol,  “brutto” carattere o qualsiasi altra cosa può essere una scusa per la violenza e il comportamento abusante. Allo stesso tempo, queste spiegazioni possono sembrare abbastanza accettabili per molte persone. Siamo tutti adulti e possiamo (e dovremmo!) essere responsabili dei nostri stati e delle nostre azioni.

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